Nasce nel dicembre 2003, quando Samuele e Alessandra e la piccola Marta si trasferiscono in canonica, dove vive dall’ottobre 1999 don Maurizio, parroco della parrocchia S.Giovanni Battista a Cavriglia.
ALESSANDRA: Pensando alla nostra storia, dobbiamo andare molto indietro per individuarne l’inizio: vivevamo nello stesso paese e nella stessa zona e quindi frequentavamo la stessa parrocchia. Quando Maurizio decise di entrare in Seminario fu per tutto il gruppo di amici un momento importante e di riflessione profonda.
Io e Samuele iniziavamo i nostri primi passi da fidanzati.
I momenti di vacanza e i fine settimana, in cui Maurizio era a casa, li “spendevamo” spesso insieme.
Iniziava così un cammino di fraternità e condivisione, che si approfondiva sempre di più, arricchito dall’intuizione che le nostre scelte di vita non erano poi così diverse. Io e Samuele volevamo come Maurizio fare sul serio con Gesù, in una forma diversa, essendo noi protesi verso il matrimonio, ma sentivamo di essere come su due strade parallele nella stessa direzione, due strade di pari dignità e importanza.
La prima occasione seria di “vita insieme” fu un bel percorso trekking sulle Dolomiti; da allora le vacanze sono sempre state per noi un momento prezioso di incontro.
SAMUELE: Arrivò il giorno in cui Maurizio divenne don Maurizio ed il cammino di fidanzamento cominciava a profumare di Matrimonio. Dopo un anno di Sacerdozio di don Maurizio celebrammo le nostre Nozze.
I primi passi di storia, si sa, sono belli ma anche delicati e i due nuovi Sacramenti si aiutavano a vicenda quasi si conoscessero in modo naturale.
Iniziavamo a percepire qualcosa di più profondo di una bella amicizia, come se ci fosse una particolare vicinanza tra le due vocazioni che si aiutavano per esistere, resistere e rendere testimonianza. La percezione però ancora non trovava realizzazioni concrete e le vacanze restavano il momento forte di incontro e condivisione.
Dopo cinque anni di Sacerdozio e la nascita di Marta, don Maurizio fu nominato parroco di Cavriglia con a disposizione una casa canonica molto grande.
ALESSANDRA: …Che strano, una volta rimessa si poteva sognare una vita vicina…una collaborazione…una convivenza…una condivisione…una storia.
Altre coppie iniziavano a sognare con noi …ma forse non erano particolarmente convinte e comunque la storia ha fatto poi i suoi passi.
Ci siamo avvicinati in modo graduale: quando don Maurizio non poteva abitare nella canonica, a causa dei lavori in corso, venne ad abitare con noi. Terminati i lavori noi andavamo ad abitare in canonica, durante i fine settimana.
Mi ricordo una volta, parlando con il nostro Vescovo di quello che si intuiva e ci sembrava di voler tentare ci chiese: “ma voi siete una comunità stabile?” la risposta era già chiara nel nostro cuore, doveva solo essere tirata fuori; volevamo essere una comunità stabile e poco prima che nascesse Giulia, abbiamo lasciato la nostra casa e ci siamo definitivamente trasferiti in canonica a Cavriglia.
Ricordo le paure dei primi momenti, legate soprattutto al giudizio degli altri:”che bisogno c’è di stare in canonica per servire la parrocchia?”
DON MAURIZIO:… e ancora, una famiglia è più “ingombrante” di una perpetua…
Ma in fondo al nostro cuore, una profonda tranquillità; come se fosse la cosa più naturale che potevamo fare perché rendeva quotidiano e feriale ciò che avevamo sempre creduto e vissuto. Il vivere accanto, si intuiva potesse darci una ricchezza in più, una grazia in più ai nostri Sacramenti, che inevitabilmente si sarebbe riversata sulla comunità tutta.
La parrocchia di Cavriglia è tra le più “difficili” della Diocesi: difficili relazioni culturali tra la società civile e la fede cattolica, pochissima storia religiosa e comunque partecipazione attiva alla vita di fede che non arriva al dieci per cento della popolazione. Però le politiche comunali hanno permesso una grande costruzione di case nuove che nell’arco di pochi anni hanno portato al cambiamento sostanziale della popolazione e delle sue aspettative. Dare un volto familiare alla parrocchia può essere di grande aiuto, per avvicinare una comunità che è fatta soprattutto di famiglie, spesso senza una rete parentale o amicale consolidata.
La nostra storia si è poi “incrociata” con il Progetto Parrocchia- Famiglia, promosso dalla Cei a cui la parrocchia di Cavriglia ha partecipato insieme ad altre 31 parrocchie in Italia.
Ci piace fare memoria di come ci siamo ritrovati dentro questa esperienza, che ha cambiato la nostra vita e quella della comunità parrocchiale, perché talvolta l’azione dello Spirito Santo è superiore ad ogni nostra richiesta o aspettativa ed è Lui che conduce le nostre vite. Abbiamo partecipato, nel novembre 2001, ad un incontro diocesano di formazione per le famiglie tenuto da don Renzo Bonetti, allora responsabile della Commissione Famiglia nazionale, dove nella sua bella riflessione aveva accennato anche a questo progetto, che sarebbe iniziato ufficialmente a Roma la settimana seguente. Il nostro Vescovo era presente a questo incontro e incoraggiò la nostra adesione e ci siamo “agganciati” un po’ come ultimo vagone a un treno già in corsa.
Non posso dilungarmi adesso in quello che è stato (ed è) per tutta la comunità l’aver preso parte a questo percorso di studio, formazione e conversione. Desidero solo sottolineare ciò che ha rappresentato per me Samuele e Alessandra. Ci siamo soffermati a lungo di fronte a certi passaggi presenti nel Magistero ( “l’Ordine ed il Matrimonio significano e attuano una nuova e particolare forma del continuo rinnovarsi dell’Alleanza nella storia. L’uno e l’altro specificano la comune e fondamentale vocazione battesimale ed hanno una diretta finalità di costruzione e di dilatazione del popolo di Dio …”.(Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio 32)
“Due altri sacramenti, l’Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio.”(ccc1534). Li abbiamo meditati e accolti con lo stupore di chi scopre una perla preziosa che va dritta al cuore, che va a colmare uno spazio che da sempre era predisposto ad accoglierla.
ALESSANDRA: Quello che in modo intuitivo è sempre stato presente nei nostri cuori, si è fatto ogni giorno più chiaro e preciso; quindi sempre più desideroso di essere vissuto nella radicalità.
Ordine e Matrimonio sono fatti perchè spesi nel mondo, costruiscano il Regno di Dio, il Regno dell’Amore. Sono due volti diversi, come due “angolature”, che parlano dello stesso Mistero. Quando riescono a muoversi accanto, insieme, in reciprocità e corresponsabilità fanno meglio vedere l’unico volto di Amore totale che ciascuno di loro specifica nel proprio ministero.
Per noi vivere insieme rappresenta un modo per rendere concreto tutto questo e viverlo nella radicalità di una scelta che forse tante volte fa fatica a spiegarsi, ma che per noi rappresenta il modo più naturale di vivere.
La reciprocità vissuta nel quotidiano ci aiuta ad essere ogni giorno più desiderosi di essere sposi, di essere per la comunità dove viviamo volto di Dio, un volto che è relazione trinitaria, fraternità, accoglienza e dono di sè.
SAMUELE: Il nostro matrimonio ha trovato sempre più la ragione ultima di essere sposi nel fatto di avere sempre questa “porta aperta all’esterno”. La capacità di accogliere persone anche quando non le hai invitate. E questa apertura da gioia e pienezza di vita! La possibilità di mettere tutta la vita a servizio di Gesù e degli altri e non solo parte del tempo che rimane dalla routine di tutti i giorni, arricchisce la nostra vita e rinnova il desiderio di essere dono totale l’uno per l’altro.
DON MAURIZIO: Il mio sacerdozio ha imparato (e continua ad imparare) la grande virtù dell’attenzione concreta a chi gli è accanto. Un Amore che è condivisione perchè dono di sé in maniera totale e continuativa. Il rischio di pensare ed “organizzare tutto” per un sacerdote è sempre presente e reale. E’ aumentato e maturato in me il desiderio di essere Sposo della mia comunità, dando voce e spazio a quello che da sempre ho nel mio cuore di sacerdote: “Le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce… G.S. 1
SAMUELE: Sono ormai sette anni che viviamo a stretto contatto: la preghiera e la mensa sono i momenti che viviamo sempre in comune.
La nostra giornata inizia alle sette del mattino con le lodi mattutine e l’Ufficio delle Letture; poi si preparano le bambine per andare a scuola, io parto per il lavoro, Alessandra porta le bambine a scuola e, se non deve andare a lavorare torna a casa continuando con don Maurizio la preghiera in maniera personale. Alle ore 9:00 si celebra la S. Messa e poi inizia la giornata. Alle ore 16:00 tornano i bambini da scuola (le quattro bambine nostre ed altri bambini affidati a noi dai Servizi Sociali). Alle 17 circa io rientro dal lavoro e ci organizziamo per la cena, che è sempre il momento più movimentato della giornata. E’ un momento importante, a volte un po’ rumoroso (se ne accorge chi telefona in canonica all’ora di cena!) ma che ci fa sentire il calore della famiglia, intima comunità di vita e di amore.
DON MAURIZIO: Certo, il mio sacerdozio “è una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, che proclama autorevolmente la Parola, che ripete i gesti del perdono e di offerta di salvezza…”(PDV 15) ma è anche detto che gli sposi, in virtù del sacramento del matrimonio sono “segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla carne umana e il Cristo capo della Chiesa suo corpo nella forza dello Spirito” (Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio 34). Saper cogliere il dono straordinario che è dato all’uomo che è consacrato presbitero deve renderci anche capaci di cogliere il Mistero di Dio presente nel Sacramento del Matrimonio, la novità che inizia con il rito e permane nella vita degli sposi. “…celebriamo il grande mistero dell’amore di Cristo per la sua Chiesa. Oggi N. e N. sono chiamati a parteciparvi con il loro Matrimonio” (Rito del matrimonio n.54 ). Non è una semplice immagine di quel mistero, ma ne partecipa, ne è impregnata, lo mostra attivo ed operante dentro di sé. E per me sacerdote, poterlo vedere nella concretezza della vita quotidiana, illumina, arricchisce, incoraggia il mio spendermi totalmente per la comunità, come Cristo Sposo per la Chiesa; non solo e soltanto Capo e Pastore, ma anche Sposo della comunità.
ALESSANDRA: Il nostro sacramento in questa prospettiva prende coscienza di essere Segno di come Cristo ama la sua chiesa ed il mio dono/accoglienza di Samuele mi permette di uscire dalle quattro mura e assumermi, in forza del Sacramento stesso, responsabilità serie e precise per il Regno che si va costruendo in un territorio. Non viviamo la nostra sponsalità nella forma della presidenza (che è di don Maurizio) ma una sponsalità di comunione nella più grande comunità ecclesiale.
L’invito che accogliamo dalla Familiaris Consortio ( “ la famiglia è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa, nel suo essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore”) adesso è sicuramente più consapevole e reale, vivere accanto a don Maurizio ci aiuta a tenerci “svegli e vigilanti”; il suo essere totalmente speso per la comunità è per noi forza, luce, sostegno al nostro ministero di essere “seme del Suo Regno”.
SAMUELE: Come noi esercitiamo la presidenza nella nostra casa e con le nostre figlie, e ci sentiamo in un certo qual modo sacerdoti per la loro educazione alla fede, così affidandoci sempre più allo Spirito Santo ci rendiamo conto di essere “sacerdoti” nel senso di condurre a Gesù anche tante persone a noi affidate negli impegni pastorali. Specialmente nell’accompagnamento dei genitori dei bambini che si preparano alla Prima Comunione ed ancora di più come responsabili di una CFE, ci rendiamo conto che diciamo concretamente l’unione della chiesa – sposa con il suo Sposo e quindi di essere Sacramento vivo di Gesù che ama. Vivere accanto ad un sacerdote, sentirsi parte con lui della stessa missione rinnova e sostiene il nostro quotidiano donare e donarci l’uno all’altro.
DON MAURIZIO : Si comprende allora come si può pensare alla relazione tra Ordine e Matrimonio in termini di complementarietà che diviene reciprocità, poiché le due specificità non solo si completano, ma trovano l’una nell’altra un più pieno significato della propria identità.
Complementarietà che non significa che ciascuno dei due Sacramenti è in sè incompleto o inefficace senza la presenza dell’altro, ma che ambedue sono complementari in ordine al fine che si propongono: tutti e due sono doni essenziali, costitutivi e permanenti per la costruzione del Regno. Questo fa intuire qualcosa di più di un semplice dialogo nel rispetto delle diversità, piuttosto una relazione più organica, una reciprocità che diviene corresponsabilità, un armonizzarsi per portare avanti la stessa missione.
Nella nostra esperienza riconosciamo che oltre a tutto questo, ci è stato donato una grazia in più, che è quella di vivere insieme, condividendo un quotidiano che è fatto di pastorale e vita familiare. Ci rendiamo conto che questo dono aggiuntivo è legato alla nostra storia, anche se siamo certi che la ricchezza della reciprocità è un dono per tutti quanti e soprattutto per il Regno.
Carissimi Maurizio, Alessandra, Samuele e tutti i bambini che vivono con voi questa bella avventura…. leggere la vostra “storia” mi ha “solo” commosso…un abbraccio grande e forte a tutti! sono una mamma felice di una bella bimba di 15 mesi: Rebecca! chissà…magari un giorno le nostre strade si incroceranno di nuovo….
Sono una “normalissima” moglie e mamma con una vita semplice: lavoro, sto con la mia famiglia, ho una vita di fede e volontariato. Da convertita, 20 anni fa mi sono riavvicinata alla Chiesa credendo fermamente ad un Dio della quotidianità, delle cose semplici…che al centro mette l’uomo e non la legge. Leggendo queste vostre testimonianze, ve ne ringrazio ma con aspetto critico vorrei che la nostra Chiesa ringraziasse e raccontasse di tutte quelle famiglie che con fatica arrivano a fine mese, con dedizione curano i loro figli senza avere aiuti…perchè ce ne sono tantissime…e sono loro anche il nostro modello!!! Non è importante fare grandi cose….importante è essere testimoni di Cristo e non esiste solo un modello di famiglia che Lo testimonia..anzi a volte sono le più bigotte che si nascondono dietro belle parole e belle immagini e poi con fatica vogliono bene e bene realmente con fedeltà, vera apertura e accoglienza. Che Cristo illumini sempre le nostre case e le renda luogo di incontro del Suo Amore in ogni forma.