PERDONARE

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Spesso mi capita di iniziare uno scritto, un pensiero, e poi deviare da esso per qualche ragione; così mi è accaduto anche in questo caso: avevo iniziato prendendo spunto dall’estratto dalla seconda lettera che S.Paolo scrisse a Timoteo, letta la settimana scorsa, e invece sono stato “distratto” dal detto di Gesù di porgere l’altra guancia (durante il fine settimana ho riletto alcuni brani di Matteo).

Mi distraggo spesso.

Con quelle semplici parole Cristo ha dimostrato, per me, ancora una volta la sua fede nell’Uomo, ma non solo, e cerco di spiegarmi.

Nella società dell’epoca il concetto di giustizia era quanto mai primitivo essendo essenzialmente un ripagare violenza con violenza ed è ovvio come questo sia un processo infinito; in questo contesto Gesù “inventa” il perdono, rompendo, lacerando, i costumi del Tempo.

Mi sono chiesto: cosa può significare quest’atto dal punto di vista di una società?

Il perdonare libera, rilascia, slega, il prossimo, e c’è anche un perdonare se stessi, che è importante, dagli atti passati; penso sia il dare la possibilità di ricominciare, di essere liberi da conseguenze e questo mi sembra di grande potenza, perché entra nel vivo del sentimento interiore che si prova quando si fa una azione di cui ci si sente colpevoli: si vorrebbe ricominciare, si vorrebbe non aver mai commesso quell’atto e dunque il perdono crea e definisce una diversa, più profonda e responsabile, modalità di rapporti sia verso il prossimo, sia verso se stessi.

Il fatto che Gesù attribuisca questa facoltà anche all’Uomo vuol dire, secondo me, che Lui crede, sì, nell’esistenza di una coscienza, di un’innata tendenza al bene e quindi che ha fede nell’Uomo, appunto; però, ed è questo ciò che mi colpisce, ha anche la certezza che l’Uomo sbaglierà.

Dunque Cristo dà all’Uomo la possibilità di rimediare ai suoi errori ricominciando da se stesso, nel senso più profondo; ha una sorte di amore attento nei suoi confronti.

 Giovanni

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