Mi ha colpito tanto un’analogia tra quello che si dicono il diavolo e Cristo in una
delle tentazioni e quel che accade a Cristo nel corso della crocefissione; due
momenti che definiscono rispettivamente l’inizio e la fine dell’opera terrena di
Gesù.
Ecco i due passi, tratti dal vangelo di Luca:
“Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli
disse: « Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi
angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; e anche: essi
ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una
pietra ». Gesù gli rispose: « È stato detto: Non tenterai il Signore Dio
tuo ». “
35 Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha
salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche
i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e
dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
Il popolo ha “tentato” Gesù allo stesso modo di quanto ha fatto il diavolo, però al
popolo Gesù non risponde; questi episodi: il primo, iniziale, circoscritto a Gesù e
al diavolo e il secondo, finale, esteso a tutto il popolo, cosa sono se non conflitti
generati dalla missione terrena di Gesù?
Ma questo cosa significa, cosa vuol dire?
Cercando la risposta a questa domanda mi sono soffermato sul significato
dell’aggettivo possessivo “tuo” e mi è apparso chiaro che l’episodio della
tentazione può anche vedersi come una rappresentazione esterna del conflitto
tra bene e male che accade all’interno di ciascuno di noi, nel senso che “tuo”
si riferisce alla parte divina che, al pari di quella demoniaca c’è in noi: Gesù e il
diavolo rappresentano questi due elementi.
La venuta di Gesù nel mondo genera un conflitto, una lacerazione, nella
coscienza individuale e quindi in quella collettiva, e dunque la sua vita, nei
suoi effetti, è come una proiezione che mostra all’esterno quel che è interno a
ciascuno di noi.
In questo senso, quindi, l’opera di Cristo è di mostrare, mettere in luce, in modo
visibilmente e tangibilmente evidente, attraverso gli effetti della sua vita nel
mondo, gli elementi che compongono l’universo che esiste in ciascuno di noi,
dandoci così la possibilità di poter distinguere e di scegliere: l’universo informe e
oscuro dentro di noi acquista, può acquistare, una riconoscibilità, un senso, una
pluralità, grazie alla crisi indotta dall’opera di Cristo; si potrebbe dire che siamo
messi in condizione di uscire dalla cecità, di “vedere” e di essere nel modo più
completo noi stessi e in questo senso le guarigioni, i miracoli, il ritorno alle piene
funzioni vitali fisiche simboleggiano, rappresentano appunto, quel che può essere
un acquisire consapevolezza della vita completa; come un risveglio.
Da questo punto di vista è ovvio che la fine non potesse essere all’insegna della
vittoria completa e nemmeno della totale sconfitta, perché il conflitto mostratoci
è un qualcosa con cui siamo obbligati, almeno in vita, a convivere.
Si potrebbe sintetizzare dicendo che Cristo è dovuto morire per tutti affinché
potesse continuare a vivere in ciascuno di noi.