Un diverso modo di procedere

124Avevo cominciato a scrivere questo mio quasi periodico contributo partendo da un brano di Marco che mi aveva intrigato con la sua apparente semplicità; poi, nel corso dello scrivere, mi sono accorto che i pensieri fluivano sì, ma in modo farraginoso, inceppato e comunque c’era nel loro andamento una forzatura anomala.

Prima, nel corso delle letture delle Scritture trovavo spunti di riflessione nella relazione tra gli episodi, i modi di essere narrati, e quelle che possono essere le modalità di una vita vissuta oggi; però mi sono reso conto che gradualmente e lentamente questo processo si è invertito nel senso che la vita nella sua mutevole molteplicità, in bene e in male, mettendomi di fronte tante sollecitazioni di varia natura mi ha portato sempre più a cercare nelle Scritture, nemmeno io so se consolazione o consigli, e comunque risposte, indicazioni, chiamiamoli riferimenti, a posteriori rispetto a ciò che mi succede.

Che strano: partendo dalle Scritture riesco, con tutti i limiti miei del caso, ad arrivare a delle interpretazioni o comunque a delle conclusioni; viceversa partendo da molti miei fatti di vita reali le Scritture erano come “mute”, o almeno così mi sembrava.

Riflettendo su questo partendo dall’ovvio presupposto che facevo uno sbaglio, la “soluzione” mi è venuta quando mi è tornata in mente la parabola del granello di senape.

[30]Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? [31]Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; [32]ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra»

Il punto è che il messaggio di Gesù deve essere preso, sì, anche alla lettera ma ancor di più deve essere, per così dire, assorbito dentro di noi nella sua essenza affinché il nostro essere ne possa elaborare tutte le conseguenze e dunque sia in grado di fronteggiare gli infiniti casi della vita, e questo processo è complesso per molte ragioni tra cui quella di avere una fiducia completa nel Messaggio; infatti senza l’abbandono (la fede), per così dire, non ci può essere una elaborazione interiore e dunque lo sviluppo di una condotta che da essa consegue.

Questo pensiero mi ha portato al parallelo tra genitori e figli, nel senso che non è certo possibile preparare un figlio a ogni possibile caso che gli capiterà: chi può conoscere il destino? Ma quello che si può, e si deve, fare è indicare una strada, dare un esempio, costruire una fiducia; insomma creare i presupposti interiori a permettere di fronteggiare quel che l’esistenza mette di fronte giorno per giorno.

In entrambi i casi, che in realtà non credo siano tanto distinti, si crea una sorta di patrimonio interiore da cui attingere le risorse ad affrontare gli infiniti casi della vita e questo è l’unico modo per permettere una crescita, che per essere tale non può essere disgiunta da un certo rischio da una certa aleatorietà.

E’ come essere stati accompagnati su un’altura e aver avuto l’indicazione di una strada il cui percorrere però è responsabilità personale e incedibile.

Giovanni

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