Sono il primo a rendermi conto che il titolo è piuttosto impegnativo.
Nel corso delle mie letture dei Vangeli ho spesso trovato dei passi che mi hanno variamente risuonato dentro e ho tentato, per quel che può la mia scrittura, di condividerne le emozioni anche alla luce di vita vissuta e dunque nel tempo mi è diventato quasi automatico correlare episodi a letture.
Vorrei condividere, a questo proposito, un episodio molto recente che riguarda un mio amico (mio quasi coetaneo), e di come esso mi abbia acceso una luce, diciamo così, su quel che si intende come “Regno di Dio” facendomi capire quanto superficiale fosse la mia interpretazione a riguardo, per non dire quanto fosse sbagliata.
L’episodio è quello di una rottura di un rapporto quasi trentennale tra due persone, una di esse sposata (un marito e due figlie), che hanno sempre considerato “bello” il loro rapporto perché scevro da qualunque responsabilità e sforzo e dunque come una relazione di cui prendere, quando conveniva, solo la parte allegra e spensierata; recentemente questo legame si è rotto perché, semplicemente, il mio amico ha trovato un’altra donna lasciando nella disperazione, nel dolore e nella solitudine la precedente compagna.
La situazione è molto terrena, anzi forse una delle più terrene possibili e anche per questo non così rara, però essa porta direttamente al cuore di cosa significhi un rapporto, con tutte le emozioni che esso implica, e di che cosa questo per diventare un legame vero abbia bisogno, perché un legame vero non può semplicemente finire nel nulla, pur magari terminando un suo corso.
Quello che tento di dire è che certamente momenti belli, dispiaceri, dolori e quant’altro sono ineludibili e fanno parte della vita, anzi sono la vita stessa, però il rischio è che essi restino fini a se stessi, che non servano a nulla; che si sia gioito, amato, pianto invano mi turba profondamente: che cosa resta?
Cristo nel messaggio suo evangelico cita continuamente metafore per far capire cosa è il Regno di Dio e mettendo tutto assieme ora me pare che Questo non sia un Qualcosa di astratto ma che invece sia un insieme di legami, di rapporti, di modi di porsi verso se stessi e gli altri che, per così dire, dà e crea continuamente valore alla nostra vita, le conferisce, pur nella sua molteplicità di vicende e mutamento, stabilità, utilità e, perché no, una luce di eternità.
L’errore che ho fatto è stato quello di pensare al Regno di Dio come separato dalla terra relegandolo a un trascendente e invece Esso può essere proprio in noi, se ci si crede.
Giovanni