E’ da tempo che nel corso delle mie letture, più o meno quotidiane, delle Scritture resto intrigato, per così dire, dal rapporto tra Cristo e i demoni.
Lo spunto di questo mio scritto mi è venuto dopo la lettura del brano in Comunità martedì scorso:
[22]Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni». [23]Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: «Come può satana scacciare satana? [24]Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; [25]se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. [26]Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire. [27]Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l’uomo forte; allora ne saccheggerà la casa. [28]In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; [29]ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna». [30]Poiché dicevano: «E’ posseduto da uno spirito immondo».
In questo brano si evince, tra le altre cose, una certa familiarità di Cristo con satana e questo è un dato che è comune a tutti gli episodi: c’è, appunto, una reciproca conoscenza tra Cristo e i demoni, con questi ultimi che mostrano inequivocabilmente di riconoscerlo; e questo è un dato.
L’aspetto che mi ha colpito è la modalità con cui Cristo scaccia queste creature e cioè solo con la Parola, con la autorevolezza che essa trasporta, per cui mi sono chiesto cosa ci possa essere in questa Parola e mi è venuto in mente questa idea del pensiero puro; cercherò di esporla, di spiegarmi.
Perché un qualcosa detto abbia un significato e cioè un’autorevolezza deve poggiare su un qualcosa di intrinsecamente valido e riconoscibile; in altre parole, quel che è detto deve essere un’espressione esteriore di una certezza dell’essere interiore: deve trasparire l’assoluta certezza in quel che si dice perché così è senza alcuna esitazione interiore, e questo significa che nell’essere e dunque nel pensiero non c’è divisione; Cristo si mostra in questo modo, senza divisioni tra interiore ed esteriore.
Ecco, per puro intendo proprio un pensiero unico e monolitico, espresso senza titubanze né divisioni interiori, anche inconsce: la fede nel Padre.
Anche in questo caso penso che Cristo m’insegni come dovrei essere, m’indica una via perché, almeno per quanto mi riguarda, sono lungi dall’avere tale coerenza tra interiore ed esteriore.
Vorrei osservare, per terminare, che questo concetto di coerenza ha validità assoluta e umana; in un certo senso è una condizione svincolata da un credo religioso e infatti si trova anche in filosofie diverse da quella nostra occidentale, ma questo rende ai miei occhi ancor più bello il messaggio di Cristo, perché esso riguarda la nostra umanità nel senso più vero e profondo; è come se Lui ci volesse bene e volesse aiutarci per quel che siamo, senza alcuna riserva.
Giovanni