Ieri sera ci siamo rivisti dopo un certo lasso di tempo e questo ha determinato una bella predisposizione di spirito che ha generato un desiderio, superiore a quello che di solito abbiamo, di discutere; in particolare si è accesa una discussione sul brano di Marco (1,14-20).
La discussione è stata animata, lunga e sentita ed è terminata con il quesito di una di noi sul perché Cristo ha scelto proprio pescatori; ci sono state varie ipotesi ma in realtà la giusta domanda è rimasta inevasa.
Tornando a casa mi sono riaffiorate in mente alcune delle parole che Don Maurizio aveva detto prima della nostra condivisione del brano e cioè che il mare, al tempo di Cristo, era visto come il ricettacolo, la sede, delle tenebre e allora mi si è accesa una sorta di lampadina: chi è abituato a pescare pesci è capace di toglierli dal mare e quindi, metaforicamente, potrà pescare uomini e quindi toglierli dalle tenebre.
Ho certo esteso il ragionamento metaforico ai diversi episodi evangelici in cui c’è di mezzo il mare (in effetti sono diversi), mi sono venuti in mente “La tempesta sedata e “il camminare sulle acque” e mi è apparso chiaro (per così dire) che essi si possono vedere, pur esplicandosi in modalità diverse, come la superiorità, il dominio, di Cristo sulle tenebre ma soprattutto il Suo tentativo di dirci e mostrarci che possiamo salvarci dal ciò che è oscuro, in ultima analisi di aiutarci per la salvezza.
Giovanni