UN GIORNO

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In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

Uno dei pensieri di Pascal (matematico, fisico e teologo del ‘600) recita che “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non comprende”; ebbene penso che esso sia vero ma non sempre vero perché a volte queste due forze del nostro essere sono concordi e non contrapposte.

Un giorno, poco tempo fa, mi sono ritrovato a pensare al citato passo iniziale del Vangelo di Giovanni e certamente a causa di una nuova situazione di vita e comunque per una mia condizione ancora non proprio serena, esso mi è apparso sotto una luce molto diversa, quasi come un’immagine: una sensazione forte, chiara e istantanea.

L’immagine è di un qualcosa di chiuso ma che ha in sé tutto ciò che è necessario per aprirsi.

E’ come se il rapportarsi alle vicende di vita, buone e meno buone che siano, possa servire a dividere (questo è un concetto ricorrente), a separare e dunque a far sbocciare il nostro essere; non sono le vicende ad avere importanza ma come si reagisce a esse, come si affrontano, che può fare la differenza, che può aprire l’universo dell’essere; però la spinta non credo possa venire da se stessi ma dal credere.

Dico questo perché parto da una sensazione che spesso ho, che probabilmente è comune, che è quella di un malessere, di una sorta di costrizione intima quando mi rendo conto chiaramente che avrei dovuto avere fede e non ostinarmi in me stesso: il cuore ha mandato un messaggio che la mia ragione ha percepito.

Se dovessi rendere queste poche parole in termini di preghiera, direi: Signore liberami da me stesso affinché io possa essere pienamente.

Giovanni

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