La settimana scorsa sono arrivato in Comunità in anticipo, come mio solito, e per qualche minuto ho parlato con Alessandra raccontandole che negli ultimi giorni ho avuto come un capovolgimento spirituale perché accogliendo, per così dire, un grande dolore e ho ricevuto una sorta di forza, di energia, e ciò mi ha colpito; detto in altre parole invece di cercare continuamente di respingere ciò che è stato, ne ho preso coscienza rendendolo parte di me e così il mio spirito accogliendo la causa di sofferenza e facendola sua, si è come tranquillizzato.
Tornando a casa, appunto, mi sono ritrovato a riflettere su questo processo, che è in me inequivocabile, e mi sono reso che i ricordi possono assumere forme e valenze diverse: ce ne sono alcuni che nascono dagli eventi più vari, che vengono assorbiti quasi automaticamente e che con il trascorrere degli anni si costituiscono in una sorta di universo composito, dai confini sfumati, entro il quale spesso, magari anche troppo, ci si rifugia per cullarsi in una certa umana malinconia; poi, ci sono altri eventi che vengono in apparenza rigettati perché toccano corde di infinita profondità e per questi non c’è un automatismo, ma è necessaria che una certa preparazione interiore prepari loro la strada e quando questa è pronta allora l’evento non è più un ricordo singolo ma assume la forza di un diverso assetto dello spirito.
Sono convinto di quel che ho scritto e un’evidenza si può anche trovare, forse, nell’evoluzione di Saul: l’impulso d’invidia non ha dato i suoi frutti subito ma è, per così dire, maturato e cresciuto fino a occupare l’intero spirito del re.
Mi appare sempre più una vita mutevole, densa e infinitamente complessa (direi anche affascinante) il cui controllo non può essere, se non forse in qualche infinitesimo aspetto, nelle mie mani.
Giovanni