LA CROCE

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Per Aristotele la filosofia nacque quando un uomo alzò gli occhi al cielo, vide le stelle ed ebbe per la prima volta il tempo per meravigliarsi e pensare a esse; eppure quanto volte le avrà guardate prima di vederle?

L’immagine di Cristo costretto a portarsi la sua Croce sulle spalle è parte della memoria lontana e profonda, eppure di questa immagine mi è sempre sfuggito un messaggio che mi è venuto in mente abbastanza all’improvviso, anche se conoscendomi lo devo aver partorito a lungo, e sono ben conscio della sua soggettività.

E trovo anche peculiare, anche se a ben pensarci piuttosto naturale, che alcune immagini e ricordi acquistino valore e densità nel corso di una vita vissuta, specialmente se legati ad alcuni scritti filosofici e alle Scritture perché questi di vita trattano.

Che la Croce sia una rappresentazione del fardello che la vita può imporre è piuttosto ovvio ma non avevo mai colto la necessità di questo; mi sembra di intuire che ciò che opprime, che schiaccia, può essere nello spesso tempo ciò che salva, che eleva: come bene e male, due facce della stessa medaglia.

Quando parlo di queste cose mi viene anche istintivo pensare che le penso perché ho dei fardelli che sento sempre più pesanti su di me, e dunque cerco una consolazione per essi; questa è una obbiezione che ha una sua valenza ma nasce da un aspetto razionale e dunque ha poco a che vedere con quel che si sente in cuore, giusto o sbagliato che sia.

Cuore e ragione, l’eterno conflitto.

Quel che in realtà sento è che esiste un qualcosa che deve essere accettato per donare valore alla vita, cui esso è indissolubilmente legato.

Giovanni

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