Il lavoro che ho fatto sulle donne nella Bibbia mi ha permesso di rivalutare alcuni aspetti che erano così evidenti da non farmeli vedere.
Ho in mente la storia, piuttosto nota, del serpente e di Eva: non avevo mai colto che la povera Eva non poteva evitare di cadere nella trappola perché il serpente era una delle bestie che vivevano in equilibrio nel giardino e dunque lei non aveva motivo di non fidarsi; un essere con cui si ha confidenza e con cui si passa del tempo che tende una trappola: come non cascarci? Di fatto il tutto avvenne nell’ambito di una situazione normale per lei e in più la leggiadra e indifesa fanciulla era completamente sprovvista di malizia (diffidenza, malizia…dovevano ancora nascere); forse l’aggettivo giusto per definirla è fragile.
Se devo trovare un senso, è che il male può arrivare da qualunque parte, magari anche da se stessi, nella situazione più normale e quindi non solo non è né minaccioso né pauroso, ma è forse anche bello da vedere e, perché no, magari perfino gratificante e rassicurante e quindi la sua forza è di renderci fragili, inermi.
Sotto quest’aspetto, quante volte sono stato, sono e sarò Eva!
Mi piace proprio questo pensiero che mi accomuna con la mia sprovveduta progenitrice, rendendomela umana, viva e attuale.
Giovanni