I FRUTTI

 

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(Matteo 7,15-20)”.. In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete..”

 

 

La lettura delle Scritture non da’ mai gli stessi frutti (appunto); infatti l’effetto che le Parole creano dipende dallo stato d’animo, dal momento, dalle tante variabili che rendono la vita abbastanza complessa, per usare un eufemismo.

Questo passo, uno dei più celebri, a mio avviso rappresenta uno degli esempi più belli sia di come il cuore possa essere più “potente” della ragione, detto in altri termini come esso possa vedere ben oltre la razionalità, sia delle fiducia incrollabile che Cristo ha in noi.

Se si ragiona sui versi si arriva a poco, perché non si risolve il verbo “riconoscere”; infatti come faccio a “riconoscere” qualcosa se non ho un riferimento? La ragione mi dice che se uno di questo falsi profeti mi si avvicina per la prima volta io mi trovo impreparato al pericolo che incombe, perchè i suoi frutti sono per me buoni quanto altri.

Ma esiste il cuore, per fortuna, e in esso ci può essere una luce che illumina qualunque oscurità ma solo se ci si crede e ci si fida essa si accende.

Cerco di spiegarmi meglio.

I frutti sono fatti per essere assaggiati, non per essere guardati e valutati a distanza: occorre avere il coraggio di prenderli in mano e mangiarli; cioè entrare con fede nelle situazioni che si presentano nella vita, affidandosi a una guida ben più potente della razionalità a priori.

Dico questo perché è mia esperienza, e penso comune, quella di avere avuto a che fare tante volte con tigri di carta, con ombre che vengono spazzate via appena si va a vedere, a toccare.

La frase Evangelica, quindi, a me pare voglia esortare, come sempre, a vivere pienamente, affrontando tutto quel che viene a viso aperto, cercando di non lasciarsi schiacciare da timori preconcetti, cioè dalle fantasie e dai miraggi che la mente crea; per cui l’unico modo di accorgersi di “falsi profeti” è proprio quello mangiarne i frutti senza la paura di avvelenarsi, non di evitarli.

Giovanni

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